Dall’ufficio ai ghiacciai in Islanda: la storia di Pietro

Dall’ufficio ai ghiacciai in Islanda: la storia di Pietro

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04 Settembre

Fin da quando ero bambina non mi sono mai immaginata a lavorare in un ufficio, davanti allo schermo di un computer. Ho sempre pensato alla mia vita futura come un vagabondaggio continuo, una serie di spostamenti tra un Paese e l’altro, trovando lavori d’occasione. Insomma: la carriera “classica” non ha mai attirato la mia attenzione. Poi, forse per mancanza di coraggio, mi sono trovata a prendere proprio la strada che credevo non avrei mai percorso – infatti, avete indovinato, questo articolo lo sto scrivendo da un ufficio. Davanti ad un computer.

Così mi sono “rassegnata” a questa mia scelta di seguire una strada più sicura, guardando sempre con grande ammirazione chi invece è riuscito a fare il passo. A questo proposito ho fatto due chiacchiere con Pietro, un ragazzo siciliano di 28 anni, che da un posto fisso in Vodafone è passato a fare la guida tra i ghiacciai d’Islanda – una scelta di carriera sicuramente fuori dal comune.

Pietro ghiacciaio Islanda

Una serie di coincidenze giuste

“Uscire dalla comfort zone è un po’ una mia filosofia di vita. L’andare in Islanda, andare ad affrontare una nuova avventura, insomma imparare completamente un lavoro nuovo mi affascinava tanto.”

Dopo la laurea in Economia e Amministrazione Aziendale a Palermo, Pietro si è spostato a Milano, dove ha lavorato per Vodafone, nel settore del customer care. “Dopo un paio d’anni che lavoravo lì avevo capito che non c’era possibilità di crescita. Soprattutto io ero un neo laureato che vedeva il proprio orizzonte tanto lontano ma che non cresceva giorno dopo giorno, ripeteva solo delle azioni… insomma questa cosa non mi stava dando nessun valore aggiunto.”

Cosa fare quindi? Pietro frequenta un master part time al Sole24Ore e, nel mentre, continua a lavorare alla Vodafone. Poi si susseguono una serie di coincidenze: il master giunge al termine; un caro amico, con cui aveva condiviso un’esperienza di trekking nelle highlands scozzesi, lo chiama e lo avvisa che l’azienda per cui lavora in Islanda sta cercando personale; il lavoro in Vodafone non è abbastanza.

Così Pietro fa due conti: “ho fatto una lista di pro e contro – io sono molto metodico nella mia vita – e ho visto effettivamente delle opportunità in questa proposta. Oltre che metodico sono anche molto romantico – questa mia intenzione di uscire dalla comfort zone è un po’ una mia filosofia di vita. L’andare in Islanda, andare ad affrontare una nuova avventura, imparare completamente un lavoro nuovo mi affascinava tanto. Insomma: ho preso la decisione di trasferirmi in Islanda rapidissimamente. Tanto che questo mio amico mi disse che il ruolo era richiesto per due mesi dopo ma io dopo un mese avevo già dato le dimissioni in Vodafone ed ero andato in Islanda.”

Dal lavoro a Milano ai ghiacciai in Islanda

Il 5 gennaio 2018 Pietro inizia così ad imparare un nuovo lavoro, quello della guida sui ghiacciai, e la sua vita cambia radicalmente. “L’impatto con l’Islanda è stato terrificante – io sono siciliano quindi puoi immaginare. Sono arrivato là dove c’era un buio incredibile – le ore di luce erano tra le 3 e le 4 al giorno. C’era una quantità di neve infinita, tipo 2 metri di neve ovunque. Sono andato ad abitare in un paesino a sud dell’Islanda che è di 600 abitanti.”

Pietro Islanda

Dopo il training inizia il lavoro vero e proprio, con i clienti, che ogni giorno arrivano a Sólheimajökull e vengono guidati in un’escursione alla scoperta del ghiacciaio. Pietro mi racconta che il 95% dei clienti non ha la minima idea di come sia fatto un ghiacciaio. Il compito principale della guida è di assicurarsi che tutti siano sempre in sicurezza e possano godersi l’escursione senza correre rischi. Un lavoro che ha messo Pietro alla prova – ma che gli ha anche dato tantissime soddisfazioni.

“Quasi quasi non mi ritengo orgoglioso di quello che ho fatto prima… invece mi ci ritengo perché se oggi sono felice è per tutte le scelte che ho fatto prima. Non ho rimpianti.”

“L’azienda è cresciuta tanto, mi sono state date delle opportunità lavorative importanti. Di questo sono contento perché è figlio del mio duro lavoro e delle possibilità che si sono create nell’azienda dato che il turismo in Islanda è in crescita forte.” Dopo circa 8 mesi infatti l’azienda ha mandato Pietro in Canada per fare un corso di specializzazione per ottenere la patente WFR – Wilderness First Responder – che gli ha permesso di imparare come sopravvivere in condizioni estreme e quando il primo punto di soccorso è a 2 o più ore di distanza.

È stata una super iniezione di fiducia che mi ha dato l’azienda. Una certificazione che va ad aggiungersi al mio curriculum che se un anno fa era fatto di master al Sole24Ore e customer care in Vodafone adesso è tutt’altro. Quasi quasi non mi ritengo orgoglioso di quello che ho fatto prima.” Poi Pietro ci ripensa e mi dice: “invece mi ci ritengo perché se oggi sono felice è per tutte le scelte che ho fatto prima. Non ho rimpianti.”

Un nuovo lavoro, una nuova vita

Una svolta che non riguarda solo la carriera: tutta la vita di Pietro è cambiata radicalmente. Anche il senso stesso del lavoro, non più il classico impiego d’ufficio dove entri alle 8 e esci alle 17: in Islanda Pietro ha scoperto una nuova concezione di lavoro, dandogli anche un nuovo valore. “La mia vita è stata rivoluzionata dalla A alla Z. Quello che noi vediamo come contratto di lavoro dove tu lavori 40 ore a settimana qua non esiste. Fondamentale nel mio lavoro è l’ownership, quindi prendersi a carico il team, averne cura. Non esistono sabati e domeniche, non esistono Natale, Pasqua, Ferragosto. Passiamo da 50/60 clienti al giorno in bassa stagione ai 250/300 al giorno. Abbiamo un flusso di clienti tra i 22 e i 26 mila l’anno.”

Un lavoro svolto con il cuore perché è quello che ama fare – Pietro me lo ha ripetuto più volte durante la nostra chiacchierata. Il fatto di lavorare durante i weekend non è un peso quando quello che fai ti coinvolge al 100%. Certo, anche per Pietro e il suo team ci sono i giorni off – che sono molto diversi da quelli che immaginiamo. Vivere in un paesino di 600 abitanti non crea molte opportunità di aperitivi o weekend in discoteca. L’Islanda offre ben altre attrattive: nel tempo libero si organizzano trekking, escursioni, magari si vola in Scozia o, se si ha abbastanza tempo, a casa.

“Io incontro persone quotidianamente che vengono da tutte le parti del mondo. Nonostante con molti di loro non ci sia nessun contatto culturale ti rendi conto però che ci sono delle sintonie che ti permettono di aprirti subito.”

Poi ci sono i momenti di condivisione: Pietro vive con il suo team, ragazzi e ragazze che arrivano da tutto il mondo per lavorare una o due stagioni e che gli hanno fatto vedere le cose da una nuova prospettiva. “I ragazzi che lavorano con me vengono da tutto il mondo – io ho un solo collega italiano. La loro filosofia è molto free, mi ha aperto un mondo… ho incontrato uno dei miei migliori amici, si chiama Simon, ha 31 anni e ha già visitato 54 Paesi. Lui non cerca un posto fisso nella vita – dice ‘la mia felicità la trovo con me stesso’. Quando gli chiedi ‘quali sono le tue prospettive di vita’ lui ti risponde ‘il mio prossimo viaggio’. Noi abbiamo questo ‘paletti’ nella mente per cui ragioniamo in funzione di ottenere una sicurezza successiva… lui invece non guarda così tanto lontano.

Gli stimoli poi arrivano tutti i giorni: “la cosa più bella ancora è che io incontro persone quotidianamente che vengono da tutte le parti del mondo. I miei clienti mi raccontano e condividono con me esperienze di vita. Nonostante con molti di loro non ci sia nessun contatto culturale, perché si viene da realtà completamente diverse, ti rendi conto però che ci sono delle sintonie che ti permettono di aprirti subito. L’altra persona si apre, tu ti apri e vi incontrate a metà nel raccontarvi esperienze che mai avresti sentito nella tua vita.”

Pietro Islanda

Cambiare prospettiva

“Cerco di avere un progetto a medio termine perché mi permette di concentrarmi con più verticalità. Questa è una cosa che sto imparando a fare perché io ero uno che aveva sempre in mente la big picture.”

La crescita continua è l’obiettivo che si è posto Pietro: per lui la cosa importante è continuare ad imparare. “Il mio obiettivo è quello di mantenere la mia curva di apprendimento sempre alta. Nel momento in cui la mia crescita si dovesse stabilizzare, guarderò altrove. Cerco di non pormi limiti. Anzi più guardo avanti e più mi spavento quindi cerco di avere un progetto a medio termine perché mi permette di concentrarmi con più verticalità. Questa è una cosa che sto imparando a fare perché io ero uno che aveva sempre in mente la big picture.”

Quella di vivere cercando di non percorrere una strada già stabilita – il classico “università – posto fisso – matrimonio – famiglia” – è una tendenza che sta crescendo moltissimo. Ne ho discusso anche con Pietro, che riconosce l’aumento di giovani che si stanno sempre più allontanando dal concetto di lavoro fisso e preferiscono invece optare per una sorta di “nomadismo lavorativo”, scegliendo i lavori in base alla loro posizione nel mondo. Secondo Pietro questa tendenza è dovuta all’inaffidabilità delle aziende e delle istituzioni del nostro Paese. Se poi si aggiunge il fatto che muoversi nel mondo è diventato sempre più facile e le distanze con casa si sono accorciate grazie alla tecnologia, è forse da considerarsi una voce fuori dal coro chi decide di rimanere a casa propria.

Sta di fatto che dopo esserci salutati e aver concluso la nostra chiamata via Skype, una pulce nell’orecchio mi è rimasta. Lo stesso Pietro mi ha detto che sperava di avermi ispirata in qualche modo a mettermi in discussione e ad iniziare a vedere (e affrontare) la vita con una mentalità diversa.

A volte è difficile uscire dal nostro giardino ben curato, che la società ci ha spinto a coltivare in un certo modo fin da quando eravamo bambini. Però se si riesce a trovare un buco tra i paletti, la vista che ci aspetta fuori è di quelle strepitose. Parlare con Pietro mi ha fatto pensare che a volte ci chiediamo troppe volte “perché”. Iniziamo le nostre frasi con troppi “se” e, molto spesso, abusiamo dei “ma”. In realtà le cose sono davvero molto più semplici di come pensiamo siano.

Se abbiamo paura di fare quel passo magari significa che i piedi ci stanno trascinando verso la direzione giusta. A volte, quando la domanda che ci facciamo è “perché?”, la risposta dovrebbe semplicemente essere “perché no?”

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Chiara Bertorelle
Scritto da Chiara Bertorelle
Mi chiamo Chiara e nella vita ho un solo, grosso problema: sono drogata di viaggi! Dopo la laurea in lingue per l’editoria ho deciso di...